Il Golpe di Pielungo. L’ombra lunga di Porzûs (di Paolo Strazzolini)
In logica, ma non cronologica, sequenza alla ricostruzione storica dei tragici fatti di Porzûs e Bosco Romagno, il Gruppo ANA di San Giorgio di Nogaro (UD) ha proposto, nella serata di venerdì 20 aprile u. s. presso la locale Sede del sodalizio, la rievocazione critica di quanto accadde nell’estate del 1944, nella zona montana della Destra Tagliamento, presso il Castello dei Conti Ceconi in località Pielungo di Voito d’Asio (PN).
Sulla base della rigorosa ricostruzione pubblicata nel 1988 dallo storico Marco Cesselli, testimone diretto dei fatti, all’epoca presso la storica dimora aveva sede il Comando della Brigata Osoppo Friuli e vi si trovava un’importante base logistica e di reclutamento della compagine non comunista della Resistenza friulana. In seguito al tragico armistizio dell’8 settembre 1943 e all’occupazione tedesca conseguente, l’intero Friuli si era ritrovato nel rango di territorio sottratto alla sovranità italiana (RSI, Repubblica Sociale di Salò), in quanto annesso al Reich nazista nell’ambito dell’OZAC, Operationszone Adriatisches Küstenland (Zona d’Operazioni “Litorale Adriatico”).
Nell’inverno e nella primavera del 1944, anche nelle nostre province si era andato organizzando il movimento partigiano, che vedeva lottare fianco a fianco i Comunisti della Brigata Garibaldi Friuli e gli Azionisti-Cattolici-Monarchici della formazione Osoppo Friuli: “Rossi” e “Verdi” in riferimento al fazzoletto di cui usavano fregiarsi. Nell’estate successiva, nella Destra Tagliamento il movimento resistenziale si era consolidato organizzandosi in due Brigate miste, la “Ippolito Nievo A” in montagna e la “Ippolito Nievo B” in pianura, esprimendo un’unità di intenti che si concretizzò con la costituzione di un Comando di Coordinamento Operativo tra le due componenti rossa e verde. In tale contesto, nella notte del 19 luglio 1944 la Val d’Arzino subì un massiccio rastrellamento nazifascista che, sorprese le mal organizzate difese partigiane, investì in pieno il Comando osovano di Pielungo, causandone la disfatta, la razzia di armamenti e materiali e l’incendio del castello.
Nel corso dell’esposizione, supportata dalla proiezione di documenti, mappe e immagini d’epoca, utili a comprendere a fondo gli eventi, il relatore Paolo Strazzolini ha ripercorso criticamente l’evolversi dell’azione militare in tutte le sue fasi, avvalendosi del prezioso resoconto del Cesselli che, in quei concitati momenti, assieme ai compagni di fede azionista, prima di subire l’allontanamento dall’Osoppo e l’esilio nel Veneto, si ritrovò a rischiare la vita. Infatti, in seguito allo smacco subito che solo per una fortunata casualità si risolse senza perdite umane osovane, il Comado dell’Osoppo, espressione cattolico-monarchica e pregiudizialmente anticomunista, venne sottoposto a inchiesta, deposto, imprigionato e sostituito da elementi del Partito d’Azione, più inclini alla costituzione di un Comando Unificato con i Garibaldini.
Alla prospettiva che si andava delineando, i reparti osovani reagirono con le armi sul campo ripristinando lo status quo e prendendo definitivamente le distanze dalla compagine comunista. Venne così manifestamente allo scoperto quella diffidenza che caratterizzo per il resto del conflitto le due anime della Resistenza friulana e che, in qualche modo, trovò la sua massima e tragica espressione nell’Eccidio di Porzûs, in perfetta sintonia con la guerra fredda che si andava profilando su scala globale.